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Orario docenti: Ore buche e spostamenti tra sedi, sono effettiva prestazione lavorativa, per Cassazione va retribuita

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È dato sapere che l’orario scolastico di cui è responsabile il DS non è mai definitivo e poiché è un atto di gestione, in quanto tale, può essere cambiato in qualsiasi momento dell’anno nel caso un docente ne presenti richiesta per motivi didattici o personali. La questione delle ore buche dovrebbe essere regolamentata nel contratto d’Istituto dove appunto dovrebbe essere specificato la durata massima dell’impegno e dell’orario di effettiva docenza giornaliera, il numero massimo di ore buca settimanali oltre il quale dovrebbe scattare una retribuzione forfettaria, lo stesso vale anche per il docente che termina il proprio orario in una sede e impiega un’altra ora per raggiungere una sede esterna, oltre ad attendere un’altra ora (buca stabilita dall’orario), tutto questo tempo a disposizione dell’Istituto andrebbe retribuito.

Quest’attesa deve essere considerata prestazione di lavoro a tutti gli effetti, anche in relazione ai limiti di durata giornaliera e settimanale stabiliti dall’art. 2107 del codice civile (cioè il docente deve lavorare le ore stabilite da contratto, tutte quelle in eccesso e non rientrando nelle 40 ore strumentali e funzionali, sono qualificabili come “straordinario”). Lo stesso Ministero del Lavoro ha evidenziato come il D. Lgs. n. 66/2003 superando la normativa contenuta nel Regio Decreto n. 1955 del 1923, considera la prestazione lavorativa quale “messa a disposizione” e non più come lavoro effettivo. Principio, quest’ultimo, stabilito anche con Direttiva CE 1993/104, secondo cui per orario di lavoro deve intendersi “qualsiasi periodo in cui il lavoratore sia al lavoro, a disposizione del datore di lavoro e nell’esercizio della sua attività o delle sue funzioni”.

A supportare quanto detto, c’è un intervento della Corte di Cassazione, sez. lavoro, con sentenza n. 17511 del 27 luglio 2010 che afferma che Il tempo necessario al dipendente per recarsi sul luogo di lavoro va considerato lavorativo, se lo spostamento è funzionale alla prestazione.

Il principio, ribadito dalla sentenza, pur non riferita specificamente al comparto scuola, può avere risvolti pratici molto importanti. Si pensi al caso di scuole articolate su più succursali, sedi staccate, oppure al docente (precario o di ruolo) con cattedra orario esterna. In questi casi, qualora il dipendente dovrà recarsi da una scuola all’altra (magari nell’ambito della stessa giornata), potrà legittimamente pretendere che il tempo di spostamento venga considerato a tutti gli effetti quale prestazione lavorativa (al pari dell’ora buca) e quindi chiederne una forma di remunerazione.

All’interno della scuola quindi il DS e le RSU possono ricercare una intesa secondo l’art. 6 del CCNL 2016 /2018 che fa riferimento al confronto tra il DS e le RSU sulla relativa organizzazione dell’orario e del personale docente, confronto che è definito un “dialogo approfondito” sulle materie oggetto di informazione. Da questo confronto si auspica vengano tutelati i diritti dei lavoratori, là dove si presenti un

eccesso di ore buche che rappresentino al contempo ore che il docente mette a disposizione, ribadito dal Decreto Legislativo 8 aprile 2003, n. 66, “Attuazione delle direttive 93/104/CE e 2000/34/CE concernenti taluni aspetti dell’organizzazione dell’orario di lavoro”

 


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Fonte: Sito Orizzonte Scuola